giovedì 19 giugno 2014

Non dormo, riposo.



Me lo ricordo mio nonno, aggrappato al tavolo mentre dormiva in un pomeriggio di luglio subito dopo il turno in fabbrica.  Era lì in canottiera, ancora i piatti sulla tavola, il bicchiere  arrossato dal vino, russava lento , naturale come il brusio delle cicale  nella calura estiva. Mio nonno  faceva il turno di notte, cosi poi poteva lavorare nel campo, o meglio nel  vignale, come lui lo chiamava perché ci faceva anche del vino. Dormire era per lui un qualcosa legato al lavoro, come un lungo respiro prima di una immersione, non importava dove, una sedia, un divano, un tavolo… ma mai a letto durante il giorno. “ Non dormo, riposo”  ripeteva serio,  con un senso del dovere  che voleva  essere  luterano.
Me lo ricordo  con la bocca aperta, le alfa senza filtro e l’accendino appoggiati sul davanzale della finestra spalancata, poi dopo una mezz'ora si svegliava, usciva a prendere una boccata d’aria e si fumava una sigaretta guardando la gente che passava lungo la  provinciale. 
 “il mondo si divide in due”, mi diceva : 
“i lavoratori e i lavora-tu”: rideva sempre quando finiva questa frase, con un sorrisino  vagamente inquisitorio, guardando in basso  le  mie scarpe lucide.
Io per lui sono sempre stato il ragazzo che veniva d’estate, con le mani troppo bianche e lunghe,  destinato ad una vita diversa o solamente a correre dietro le bisce.
Ho trovato mio nonno nella gente che ho fotografato ad Hong Kong , nei loro corpi stanchi, nella loro soddisfazione di finire un lavoro giusto per vedere un lavoro ben fatto. Ho trovato mio nonno  nel loro muto abbracciare i tavoli con gli occhi socchiusi e la  bocche  aperte,  nel loro respiro tranquillo. 
Corpi che vengono a galla per un momento, solo il tempo di un sonno senza sogni.